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Channel: MadMood
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n. duemiladuecentodiciassette/7

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Incontrarsi con gli amici, da quando lavoro al Vecchio Holden, è diventata un’impresa non indifferente. I week end son sempre lì e, se durante la settimana qualche evento mondano c’è, sicuramente sarà quando io son di turno in sala grande. Non c’è dubbio alcuno sulle leggi della sfiga che il noto teorico di cui mi scappa il nome ha teorizzato. Sicchè, poiché di solito al mercoledì comincio alle

n. duemiladuecentodiciotto/7

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Di foto non ne abbiamo fatte per ricordare l’insolito lieto evento. Cmq sia, ve lo riporto con allegria: la Mad è uscita questa sera con le Vergini più Bruschetta e, insieme, hanno fatto mezzanotte e mezza a chiacchierare. Anche se prima, tanto per cambiare, ero passata al Vecchio Holden, per mangiare e salutare. Volevano addirittura farmi pagare, mentre assaggiavo gli avanzi della cena del

n. duemiladuecentodiciannove/7

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È arrivato con anticipo di mezz’ora e mi ha pure detto che dovevo spicciarmi… il Lui che stamattina mi ha portata fuori a colazione. È la prima che facciamo insieme, dopo che, ieri sera, s’è addormentato e non mi ha aspettato nonostante un messaggio tipo “ci vediamo dopo?”. Mi ha caricata in macchina e siamo andati allo Stra rosato che a me tanto piace. Ma ci siamo andati perché Lui, poi,

n. duemiladuecentoventi/7

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“Mancava solo la tua balla ieri” È questo il messaggio carino che stamattina ha dato il via alle mie chiacchiere virtuali con il Cavaliere Rosso che non vedo da un po’. Sono in gita europea, quelli della combriccola pallavolistica di cui non faccio più parte – di cui nessuno fa più parte.  È il messaggio per il quale anche domani mattina, mentre assonnata dopo una lunga notte di lavoro e

n. duemiladuecentoventuno/7

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Poi, raccontato dai miei e riascoltato, in effetti, risulterà un messaggio un po’ del cavolo… soprattutto se il fine era comprendere se fossi sulla strada giusta per raggiungere la festa per l’anniversario dei 40 anni di matrimonio degli Zii di Trento. Ma vabbè, in realtà avevo mandato anche la foto del semaforo… e quindi l’idea inziale era capire se quel semaforo l’avessero incontrato

n. duemiladuecentoventidue/7 (-9)

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Abbiamo organizzato e ce ne siamo andati a cena. Era nata, a dir la verità, come cena per amanti del sushi. Ma poi è stata allargata a tutti quelli che volevano – anche ai non amanti che, sfortuna ha voluto, si son dovuti adattare. Tanto, il locale dove infine siamo andati, è stato terrificante come pochi. E chi non conosceva il sushi di certo non ha cominciato ad amarlo con questa esperienza.

n. duemiladuecentoventitre/7 (-8)

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Quando a fine cena, uscendo dal postaccio dove mai più andrò a mangiare, ho aperto e spezzato il mio biscotto della fortuna… ho pensato che avesse un gran significato.   “Questa settimana sarà radiosa in ogni modo” Proprio questa settimana? Quella in cui il Dolcino è lontano lontano per la prima volta?!  Ho scambiato uno sguardo eloquente con l’Amica Chica che ha subito compreso il

n. duemiladuecentoventiquattro/7 (-7)

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Devo essere stata davvero un’amabile cameriera, questa sera al Vecchio Holden. Perché mi hanno raccontato un po’ la storia della loro vita, perché li ho ascoltati e mi son mostrata interessata. Perché ho portato, dispiaciuta, una caprese di bufala senza bufala ma con mozzarella normale, dopo aver ordinato qualcos’altro che non c’era e averglielo riferito solo in seguito. Hanno detto che sono

n. duemiladuecentoventicinque/7 (-6)

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Se nell’estrema grandezza del mio cuor, cedo l’ennesimo giorno mio di ferie a chi l’ha chiesto dopo ma ne ha certo più bisogno, è perché:  1. Sono un’anima pia fin nel midollo e anche se son brusca e antipatica nell’intimo sono una buona. 2. Ho sviluppato un attaccamento emotivo con il mio luogo di lavoro per cui, assentarmi, mi spiace effettivamente. Sicchè, visto che una collega aveva

n. duemiladuecentoventisei/7 (-5)

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Forse sentiva un po’ la mia mancanza, il Dolcino. Ma forse è solo una vana illusione. Qualcosa comunque ha portato, di positivo, e cioè un messaggiare carino cui non sono assolutamente abituata. Uno scambio di complimenti e scherzosità che non ci appartengono quasi mai e che, quando ci colgono, forse ci coccolano entrambi. È stato delizioso. Tanto. Mi sono sentita innamorata e ho riso di gioia.

n. duemiladuecentoventisette/7 (-4)

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Ascoltare – a volte più disattenta della prima volta in originale – le registrazioni audio di tutte le lezioni di psicologia… mi ha fatto impazzire. Soprattutto in questi ultimi giorni in cui si avvicinava la fine e la mia concentrazione vacillava in continuazione. Poi arriva una notifica di fbk di un post condiviso da una Rotolina… e si salvi chi può. Risate infinite, risate solitarie e

n. duemiladuecentoventotto/7 (-3)

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È stato quando ho letto il suo penultimo messaggio, quel suo “Ok. Ciao un bacio”, che ho strabuzzato gli occhi e ho reagito: “Hai scritto ‘un bacio’?!???!” Sì. Ha scritto proprio così. E mentre pensavo ad un migliaio di cose, concludendo nella mente frasi lasciate da Lui a metà, ho deciso finalmente il soprannome da affibbiargli! Perché “… anche gli orsi in fondo” possono essere dolcini. E

n. duemiladuecentoventinove/7 (-2)

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Pater ci ha provato in tutti i modi a convincermi a restare a casa. Ci ha provato persino invitandomi a guardare un filmetto romantico insieme sdraiati sul divano. Ma io non ho ceduto e ho assecondato la richiesta dell’Albero Bello. D’altro canto… mi aveva avvisata per tempo. Addirittura a pranzo mi aveva inviato una foto con dell’insalata (quella che lui stava mangiando) in ricordo del piatto

n. duemiladuecentotrenta/7 (-1)

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Mi sono chiusa la porta alle spalle con Mater che diceva distintamente:  «Ma sì, adesso smette!» Si riferiva al diluvio universale che si stava rovesciando fuori di casa e che mi ha investita e picchiata – infine anche lavata – finché andavo verso il Vecchio Holden a lavorare. Ho persino mandato un messaggio audio al CapoVe per dirgli esattamente che il momento era perfettto per salire in

n. duemiladuecentotrentuno/7 ( ♥ )

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È stato lungo e faticoso, ma ce l’abbiamo fatta e abbiam portato a termine il lunghissimo ripasso. Ci siamo date appuntamento alle 9:30 della mattina e abbiam finito – stremate e senza più capirci nulla – alle 17:30 della sera. Ci siamo anche divertite, abbiamo fatto risate interminabili, condiviso aspettative ottimistiche e disastrose, recitato l’iperattivazione della persona ansiosa che

n. duemiladuecentotrantadue/7

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Se domani il personaggio principale delle nostre storie ha un esame, secondo voi, cosa farà tutto il giorno?!?! No, non studierà. Figuriamoci! Soprattutto se è da ieri che il Dolcino di cui è invaghita è tornato in Italia dalle sue vacanze africane. Soprattutto se, dopo il ripassone di ieri, si sentirà impreparata ma a sufficienza studiata per non doversi concentrare ulteriormente. Soprattutto

n. duemiladuecentotrentatre/7

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No, dico, ma voi non capite la sfiga…! Che poi, se vi dico il voto, non capirete proprio dove stia, sta sfiga. Ma vabbè! Oggi era il fatidico giorno dell’esame di psicologia. Quello de "la realtà non esiste in sé ma solo nelle interpretazioni che ogni volta ne facciamo sulla base delle credenze che si attivano in automatico". Avevamo una certa aspettativa, noi 3 della magistrale, che fosse

n. duemiladuecentotrentaquattro/7

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Tutto quello che non mi aspetto, Frater lo fa e mi lascia sempre basita, stupefatta e attonita.  Tutto quello che non mi aspettavo era di concludere la colazione con un pacchetto contenente un cellulare nuovo di cui avevamo parlato l’altro giorno, mentre lo riportavo a casa dal lavoro. E se anche, effettivamente, il telefono potevo prevedere che arrivasse (ma mai così in fretta), di sicuro

n. duemiladuecentotrentacinque/7

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Immagine da: instagram.com/p/4ZuE6IHxEa/ Quando ho visto l’immagine ho pensato che non ci fosse assolutamente un riassunto migliore per l’esame fatto l’altro giorno. Se la realtà non esiste di per sé fuori da noi, l’unica cosa che può cambiare siamo noi. E cambiando, interpretiamo e reinterpretiamo, costruiamo e ricostruiamo una realtà che è ogni volta diversa. “Le cose non cambiano. 

n. duemiladuecentotrentasei/7

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Era appena scoccata la mezzanotte. Avevo appena terminato in solitudine il mio turno lavorativo ed ero un poco risentita per dei rimproveri che il CapoVe mi aveva fatto ingiustamente. Ma ero già seduta fuori, al fresco, sulle panchine di ferro con un bicchiere di prosecco tra le dita e qualche cianfrusaglia da sbocconcellare che stava su un piattino poggiato sulle ginocchia. Di fianco a me,
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